Ottenere video con la stessa quantità di informazioni pari allo scatto in RAW è una chimera sempre più reale, anche per l’amatore più incallito ed incontentabile.
Oggi, dotandosi di una fotocamera reflex, una scheda di memoria capiente ed estremamente performante e qualche abilità informatica, il gioco è fatto!
Al sottoscritto le abilità informatiche (posso dirlo?) non sono di certo un grosso ostacolo per cui con la Canon 5D Mark III e una Lexar 1000x alla mano, ho dato il via all’impresa.
Le difficoltà – se ci sono – stanno maggiormente nella seconda parte del processo, ovvero la gestione del workflow, o come si diceva un tempo, dello sviluppo del materiale girato.
Sì perché se dapprima impostare la macchina, il software e soprattutto girare le immagini può sembrare una procedura quasi banale e del tutto simile a ciò che siamo abituati a svolgere da sempre, le tonnellate di gigabyte raccolte in pochi minuti di riprese che devono essere gestite, convertite, manipolate, organizzate e renderizzate richiedono una notevole dose di pazienza e determinazione ancor prima di un hardware all’altezza.
Il risultato ottenibile però è fonte di grande, immensa soddisfazione. Sia chiaro, non è roba da tutti i giorni: mai girerei in formato raw video un’intervista. Mai mi sognerei di girare a quella qualità un evento aziendale o uno spettacolo teatrale. Sarebbero tempo e risorse sprecate. Sarebbe diverso invece girare qualche decina di minuti dedicati ad uno spot, ad una clip emozionale o roba simile. Solo in casi del genere quella qualità avrebbe senso.
Una quantità di informazioni imbarazzanti nei dettagli, nell’incisione e soprattuto nella gamma cromatica e luminosa che il file RAW fotografico a 14 bit è in grado di consegnarci e che un misero file compresso a 8bit come il Quicktime H264 non può supportare.
Il problema di base si traduce però in singoli scatti RAW (NEF, per la precisione) criptati in un file .RAW a sua volta nidificato in formato .VML.
Tutto da elaborare, shot by shot.
Converti una volta, converti due volte, apri i file RAW in Camera RAW, correggili come più ti pare, esporta, importa in timeline, monta, renderizza, esporta.
Un lavoro titanico, ve lo avevo detto, no?
In attesa di pubblicare il primo clippino girato tra le colline del paesello, ecco il primissimo test avvenuto in giardino con il mio giovane Padawan e il suo cagnolino.
Cercando qua e là tra i miei archivi digitali ho trovato questo interessante test che tempo addietro realizzai per puro diletto mettendo in comparazioni i due software di video editing (all’epoca) più conosciuti ed utilizzati: Final Cut Pro 7 e Adobe Premiere CS.
A quei tempi ero alla ricerca di un valido motore di stabilizzazione di immagine, utile a sopperire al fastidioso sfarfallio del sensore della 5D Mark II che all’epoca era l’avanguardia digitale ad alta definizione per il videomaker dalle grandi ambizioni 🙂
Unendo l’utile al dilettevole misi a confronto l’abilità di ciascun software sia nello stabilizzare le immagini prodotte che nel correggerne il color grading.
Il risultato ottenuto lo comparai in due modi: il primo, in split-screen con mezza porzione di inquadratura per ciascun risultato, il secondo con entrambe le clip in parallelo a risoluzione ridotta.
E qui si scatenarono commenti ed opinioni. Io dirò la mia in modo crudo, sintetico quanto imparziale. Sebbene abbia sempre lavorato, preferito e adorato Final Cut in tutte le sue versioni, mi pare evidente che in entrambi i confronti il vincitore sia Adobe Premiere. La stabilizzazione fluida e pressoché priva di alterazioni “ad onda” è nettamente percepibile nella prima comparazione split-screen. Analogo il decreto sulla correzione colore: la manipolazione con curve, livelli, luci e ombre che conosciamo bene in Photoshop, si presta al fratello Premiere in modo completo e stupefacente.
Con tali strumenti la correzione si spinge a livelli che sfiorano (ho detto sfiorano) la gestione HDR delle immagini in formato RAW nonostante la pochezza di informazioni del formato h264 a 8 bit.
Oggi forse, il confronto andrebbe diviso tra squadre diverse: Final Cut Pro X vs Premiere Pro CC per la stabilizzazione e Adobe SpeedGrade vs Da Vinci Resolve per il color grading. Ma questa è un’altra storia…
Come avevo promesso qualche tempo fa, ecco il video che a breve verrà inserito nell’App per iPad “Addentrarsi” e che mostra il Castello di Trezzo sull’Adda com’è ora e come era un tempo che fu.
La realizzazione delle immagini è stata possibile attraverso l’uso di un drone a 8 eliche al quale è stata fissata la Canon 5D Mark II.
La lavorazione del castello 3D invece è stata possibile grazie a Cinema 4D per la modellazione, After Effect per il motion tracking e Final Cut Pro X per il breve montaggio audio/video.
[Ho avuto molte difficoltà con la stabilizzazione video, motivo per il quale aggiornerò il video non appena avrò risolto i conflitti con i parametri adeguati.]
Le amiche del paese in cui vivo hanno ciascuna un’attività e capita spesso che collaborino tra di loro organizzando eventi, promozioni ecc. C’è l’estetista Mary, la fiorista Simona, la parrucchiera Viviana, le ragazze dell’agenzia di viaggi Elena, Anna e Rossana e la fotografa Mara. Talvolta capita di poter dare loro una mano nei preparativi e di immortalarle durante le loro imprese.
Questo Natale ho deciso di girare un breve clip “natalizio” come regalo e augurio di un 2013 migliore e ricco di soddisfazioni.
Che dite, piacerà alle dirette interessate?
È in fase di post produzione il modello 3D integrato alle riprese video realizzate con il drone per il Castello del parco dell’Adda. Lo scopo è ovviamente quello di mostrare il Castello di Trezzo sull’Adda in tutto il suo originario splendore.
Quello che segue è un demo del tracciamento 3D su una delle clip realizzate in volo.
Ovviamente provvederò a pubblicare il risultato finale appena disponibile.